#COSECHESIDICONO…LA MUSICA SENZA PASSAPORTO

Il #cosechesidicono di questa settimana preannuncio subito che è banale, ma a mio avviso l’argomento merita comunque un post-it di promemoria, quelli che mettiamo per i buoni propositi, magari all’inizio del nuovo anno o in occasione di qualche ricorrenza particolare. Lo facciamo tutti e qualche volta nel giro di poco tempo quel post-it cade e finisce in un cestino, per questo è utile tornare sulla questione, per riattaccarlo.
“Torniamo ad avere dei grandi concerti”. Parliamo di musica, del concerto di Goran Bregovic e della sua orchestra per matrimoni e funerali. Tour italiano estate 2015, la prima della 10 date a Civitanova a chiusura del Festival Rive, allestimento nell’area del tiro a volo. Ovviamente si va, è un’occasione ghiotta. L’atmosfera che si respira è quella della festa, la musica balcanica non lascia nessun corpo inerte, anche i più frigidi riescono a muovere leggermente la testa, o a battere lievemente un piede. Ma la maggior parte del pubblico si scatena, si muove in libertà e con gioia.
Sorprende la grande presenza di bambini, di carrozzine. Padri madri con figli piccoli in braccio, o che improvvisano coreografie al ritmo di quella musica che viene dall’altra sponda dell’Adriatico, piena di contaminazioni di tanti paesi, anche dell’Italia. Risuona la musica popolare del Salento, ma anche quella americana degli anni ’50-’60, le atmosfere malinconiche di un cantore come Tom Waits o i suoni struggenti della musica araba.
La musica si contamina senza paure. È questa la banalità, perché lo sappiamo e ci piace proprio per questo. Perché ci permette di conoscere altre culture, altri suoni, altre lingue, ci fa viaggiare con la mente verso lidi non noti, in libertà, senza confini, ci fa aprire serenamente alla diversità.
Tra i musicisti più famosi Shakira è della Colombia, Rihanna è delle Barbados, Mika è del Libano, i Muse sono britannici, Noa è israeliana, Bjork è islandese, Youssou N’Dour è del Senegal, Natalie Imbruglia dell’Australia e si potrebbe continuare facendo il giro del mondo senza passaporto, come la luna di Rodari con cui si chiude questo “banale” testo: LA LUNA DI KIEV Gianni Rodari “Chissà se la luna / di Kiev / è bella / come la luna di Roma, / chissà se è la stessa / o soltanto sua sorella… / “Ma son sempre quella! / la luna protesta – / non sono mica / un berretto da notte / sulla sua testa! / Viaggiando quassù / faccio lume a tutti quanti, / dall’India al Perù, / dal Tevere al Mar Morto, / e i miei raggi viaggiano / senza passaporto”.

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