#COSECHESIDICONO…ISTINTI DI CARNEVALE

“Chi vuol esser lieto, sia: di doman non v’è certezza.” scriveva Lorenzo De’ Medici a ribadire la nostra caducità e se volessimo ricondurre questi pochi versi ai giorni più folli dell’anno, quelli che stiamo vivendo, a gara con il Capodanno, non in modo peregrino visto che appartengono ai Canti Carnascialeschi, appaiono come un suggello al nostro desiderio mai sopito di trasgressione.

È una trasgressione che viene da lontano quella del Carnevale: gli storici la fanno risalire ai Saturnali Latini quando i romani, per festeggiare il dio Saturno, si riversano in strada capovolgendo la gerarchia, nobili e plebei si confondevano attraverso il travestimento. Le maschere comparvero in seguito, durante i Baccanali, probabilmente per mantenere un anonimato vista la licenziosità che li caratterizzava. Il cristianesimo cercò di moderarne la sfrenatezza ma il Carnevale rimane un rito molto pagano, legato a tradizioni popolari. Il più famoso al mondo è quello di Rio De Janeiro con le scuole di samba che sono protagoniste assolute. In Italia quello più antico e insieme affascinante si svolge a Venezia e il “Volo dell’angelo” in piazza San Marco, che rievoca l’omaggio al Doge, è simbolicamente tra le cartoline italiane più diffuse al mondo. Putignano, Ivrea, Viareggio, Cento, Mamoiada, Acireale. Nelle Marche Fano, Ascoli, Acqualagna, Offida.

Tra sfilate di carri allegorici, spesso satirici, lanci di fiori o arance, tartufi o caramelle, cioccolatini o persino peluche, il Carnevale risponde innanzitutto alla domanda: “Da che ti vesti?”. Rimane il travestimento il gioco principale, indossare i panni di altri abbandonando i propri, viaggiare nel tempo e vivere una dimensione nuova, seppur per un breve periodo. È elettrizzante.

Il #cosechesidicono di questa settimana prende spunto da un gioco di Carnevale frutto proprio di un travestimento. Quanti di noi hanno approfittato del Carnevale per sperimentare i panni dell’altro sesso, molti di più gli uomini che si cimentano a essere donne che non il contrario: giovani o meno giovani con parrucche bionde boccolose, rossetti fiammanti, gonne strepitosamente corte, scollature improbabili e tacchi impraticabili. Immagine stereotipata ed esasperata del femminile e il gioco si innesca tra uomini e scatta il palpeggiamento. “Non mi toccare il culo!”. La molestia, che sembra il rito consequenziale, diventa sfacciata, senza remore e freni. Anche l’istinto più maschile è liberato dallo spirito del carnevale.

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