Quanto sono preziose e straordinarie le nostre mani! Circa 380 milioni di anni fa, secondo gli scienziati, erano delle pinne, poi si sono formate le dita, anche sette o otto, che permettevano agli animali di allora di afferrare, seppur in modo ancora rudimentale. Darwin aveva intuito che le nostre mani derivano tutte da un unico antenato. Chissà come diventeranno tra migliaia o milioni di anni; ora ci permettono di scrivere, di mangiare, di accarezzare, di guidare, di “sentire”e tante altre cose di cui forse non siamo così consapevoli.
La parola è inserita in numerosi modi dire, propri del linguaggio comune: alzare le mani, a mani nude, essere alla mano; una mano può essere leggera, pesante, legata, morta o bucata; un oggetto può essere di seconda mano, noi possiamo trovarci in buone o in cattive mani, restiamo con le mani in mano, senza l’esperienza di toccare con mano. A volte, riusciamo persino a mettercele sulla coscienza.
Si è parlato molto di mani questa settimana: la cosiddetta gaffe del nostro Presidente del Consiglio che, non avendo rispettato il protocollo, si è visto rifiutare proprio la mano del re di Norvegia a cui lui l’aveva offerta per primo, ha dato ghiotta occasione ai suoi detrattori per ridicolizzarlo.
“Chi è lo stoccafisso tra i due?”, #cosechesidicono.
Quello dello stringersi la mano in segno di saluto e di rispetto è un rituale molto antico, principalmente legato a una volontà di pace: con la mano si teneva un’arma, quindi toccarsi vicendevolmente mano e avambraccio significava essere disarmati.
Oggi è un gesto ricorrente, non solo occidentale, usato per salutare, per congratularsi, mantenendo una formale cordialità che spesso rivela la prima impressione che ci facciamo di qualcuno, se ci stringe con energia o con troppa mollezza, o se non ci abbandona più.
Ma anche questo gesto, spontaneo seppur formale, rientra ancora nei protocolli istituzionali. Si incontrano un capo di Stato e un Re, che ammettiamolo oggi appare una figura anacronistica, si salutano cordialmente dandosi la mano appena si vedono, ma poi in un contesto di poco successivo scatta il protocollo, a cui il Re si attiene alla lettera, rimanendo impassibile e immobile di fronte al capo di Stato che gli porge la mano.
Anche in questa rubrica più volte non si è persa occasione per criticare il nostro Presidente del Consiglio, ma in questa non si può che essere dalla sua parte, perché spontaneo, perché più simile a noi poveri mortali che a un Re, e perché un Re e una Regina si tollerano ormai solo nelle favole.