Non c’è dubbio che il viaggio europeo di Mario Monti sia stato un successo. Esso ha visibilmente riportato l’Italia nell’ambito del dialogo europeo e ci ha ridato l’immagine di interlocutori seri e credibili. Non dubito inoltre che nei prossimi giorni verranno varate quelle misure che noi non conosciamo ancora ma che la cancelliera tedesca ha definito «impressionanti». Ci dobbiamo tuttavia rendere conto che, al punto a cui siamo arrivati, questo successo è condizione necessaria ma non sufficiente per aggiustare le cose. Condizione necessaria perché era stata proprio la mancanza di credibilità del precedente governo ad innescare la miccia del fuoco contro di noi, ma non sufficiente perché l’attacco contro i titoli italiani fa parte ormai di una strategia che coinvolge tutta l’area dell’euro. Se gli spread italiani non danno nessun segno di tornare alla normalità, anche quelli spagnoli non sembrano infatti risentire favorevolmente di un esito elettorale che era atteso per dare alla Spagna la forza di affrontare con successo la crisi. E nemmeno la Francia e la stessa Germania possono ritenersi immuni dalle turbolenze che hanno scosso l’andamento della nostra moneta. Quando si legge sulla più autorevole stampa americana che «il Gotha delle banche si prepara al tracollo dell’euro» e quando si compilano manuali di istruzione sul come comportarsi in caso che questo avvenga, vuol dire che le cose si sono spinte avanti in modo del tutto fuori controllo. A questo punto la lode all’Italia e ai suoi progetti appare come qualcosa che ci allontana dallo stato di vergogna ma che non ci mette affatto al sicuro da una tempesta che travolge tutti.
Dalla tempesta non ci poteva certo proteggere l’ennesimo inconcludente vertice tra la signora Merkel e il presidente Sarkozy. Questi infiniti vertici sono sempre terminati con roboanti dichiarazioni ma non hanno mai concluso nulla che abbia contribuito in modo concreto alla soluzione della crisi europea. Nei precedenti vertici si promettevano almeno mirabili strumenti di intervento, che non si sono poi materializzati o che si sono materializzati in modo del tutto trascurabile. Nell’ultimo summit non si sono presi neanche questo disturbo: la cancelliera tedesca si è semplicemente opposta a tutto. Si è opposta sia a un ampliamento degli interventi della
Bce che alla creazione di una qualsiasi barriera di eurobonds in grado di mettere al sicuro la moneta europea. I due
leader si sono dati naturalmente appuntamento per un prossimo vertice, in attesa del quale si moltiplicheranno
altre inutili dichiarazioni. Nel frattempo anche il Commissario europeo Olli Rehn esprimerà parole di incoraggiamento nei confronti del nostro Paese e il presidente della Bundesbank ripeteràche l’Italia ce la potrà fare da sola perché, in fondo, prima di entrare nell’euro, avevamo tassi di interesse ben più alti di quelli che abbiamo oggi. Intanto i nostri spread sono già arrivati a livelli intollerabili e le nostre banche sono sottoposte a regole che le obbligano a restringere progressivamente il credito, soffocando così ogni nostra possibilità di ripresa. Si è creato infatti un meccanismo infernale: i tassi di interesse aumentano, la quotazione dei nostri Btp crolla, questo crollo provoca la diminuzione dell’attivo delle banche che li hanno in portafoglio, la diminuzione di quest’attivo obbliga a una restrizione del credito ed essa, infine, provoca l’aggravamento della crisi. I sapienti internazionali aggiungono a questo punto che l’Italia può definirsi tecnicamente in recessione. E come potrebbe essere diversamente?
Visto comunque che stiamo per prendere decisioni «impressionanti» sarebbe necessario che la signora Merkel si desse da fare perché queste decisioni, oltre che impressionanti, non siano anche rese inutili dalla sua politica. Messa fuori gioco la Commissione Europea, scartate le proposte su un nuovo ruolo della Bce, avversati con
motivazioni teologiche gli eurobonds, ogni decisione è oggi unicamente in capo ad una Germania ormai paralizzata
dagli indecifrabili rapporti tra la Cancelleria, la Bundesbank e gli interessi elettorali. Per mesi e mesi la Germania
ha operato per costruirsi un ruolo solitario e dominante nella crisi europea. Per raggiungere quest’obiettivo non
ha ascoltato nessuno se non le proprie pulsioni interne. È venuto ora il tempo che la Germania prenda una decisione su come vorrà utilizzare l’immenso potere raggiunto. Lo può usare a servizio di se stessa e dell’Unione europea o contro se stessa e contro l’Europa, sia essa a una o più velocità. In ogni caso non potrà più rinviare le decisioni ad un prossimo vertice. Il tempo è ormai scaduto.