CIVITANOVA, IL PROF. DON VINCENZO GALIE’ E I TESORI DELL’ANTICHITÀ

image162Non poteva esserci omaggio migliore ai quarant’anni di studi del prof. don Vincenzo Galiè, abate di Campofilone, per anni docente bel liceo scientifico della nostra città, ma soprattutto uno stimatissimo storico e ricercatore, quello che il Centro Studi Civitanovese e l’Archeoclub d’Italia di Civitanova Marche gli hanno dedicato. L’incontro è avvenuto nella sala consigliare di Palazzo Sforza e la risposta della cittadinanza è stata numerosa e particolarmente attenta. Introduzioni della prof.ssa Anna Maria Vecchierelli, presidente dell’Archeoclub, e del dott. Alvise Manni, presidente del centro studi, che è stato anche molto efficace nella copiosa proiezione di immagini, portate in visione a corredo degli studi del prof. Galiè. Fra i tanti impegni della giornata, anche il sindaco, dott. Tommaso Claudio Corvatta, ha trovato il modo per portare il suo saluto e testimoniare la soddisfazione di ospitare nella sede municipale “una competenza – ha detto riferendosi a don Galiè – del nostro territorio”.
Oltre all’apporto inesauribile di don Galiè, molto efficace è stata l’esposizione delle copertine di tutti i volumi da lui pubblicati, una ottantina, che vanno praticamente dal 1974 ai nostri giorni. Una collezione divenuta forse unica, ma sicuramente preziosa, alla quale ha dedicato la sua passione il concittadino Enzo Mosca. Proprio riferendoci a questo grande patrimonio storico e di ricerca archeologica, riteniamo doveroso citare le copertine dei due volumi che abbracciano questo lungo periodo di attività editoriale. La prima, alla quale ci si accosta con una certa emozione, riguarda “La questione Lauretana fra storia e leggenda”, per l’appunto del 1974, l’ultima, dei nostri giorni, “I documenti ed il georadar costringono a riscrivere la storia e la topografia di Fermo Romana e Mediovale”.
Proprio il titolo di questa ultima pubblicazione, ci consente di mettere in evidenza il ruolo che il georadar ha avuto in questi ultimi anni di studi e approfondimenti del territorio che il Galiè ha portato avanti. Si tratta, come molti sanno, ma è anche utile evidenziare, un trasmettitore di onde elettromagnetiche che consentono di “leggere” il sottosuolo per una profondità, come ha precisato lo studioso, di poco superiore ai cinque metri. Proprio in questo percorso emozionante di individuazione, di quanto ancora le nostra zone nascondono, è stato possibile individuare anfiteatri romani, strade antiche che si sono cancellate con il passare degli anni, siti archeologici di valore.
Ampio spazio, nella ricca presentazione di immagini e di riferimenti catastali, alcuni dei quali risalenti agli anni mille, a “Il Vicus ritrovato…”, che è stato poi il titolo dell’incontro, che si rifà al recente rinvenimento di circa trecento tombe in località di Cavallino di Montecosaro, struttura che fa ritenere anche sulla base delle tracce archeologiche alle quali è stato possibile accedere, a quel villaggio denominato “Vicus Cluentensis” e la puntualizzazione di don Galliè è stata quanto mai efficace e cioè se esisteva un cimitero, dove hanno trovato sepoltura, uomini, donne, bambini, nei pressi doveva esistere anche un agglomerato abitativo.
Tante anche le curiosità come quella sul significato di Montecosaro, dal termine “causari”, luogo dove venivano curate le persone affette da particolari patologie alla pelle e quella sorta di disputa che sembra emergere nell’individuazione di Novana. Un discorso, da quanto abbiamo potuto comprendere, e don Galiè ci deve perdonare per la nostra incompetenza, che rimane ancora aperto.
In definitiva, una lezione di archeologia, di toponomastica, che ha avuto aspetti di altissimo valore e cu piace concludere con una frase che la professoressa ha rivolto a don Galiè nell’ introduzione all’incontro e cioè: “Grazie per essere ancora qui con noi”. Un ringraziamento che facciamo anche nostro.
Nella foto: prof.ssa Vecchierelli, don Galiè e il dott. Manni.

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