La settimana che ha preceduto il Natale a Civitanova si è parlato di Politica con la P maiuscola, grazie alla presenza, in differenti iniziative, di due tra i più autorevoli intellettuali della scena culturale italiana, il filosofo Umberto Curi e lo storico Miguel Gotor.
Il responsabile scientifico del festival Popsophia il 16 dicembre è stato invitato a dissertare sull’antipolitica partendo dal punto più alto del trash qualunquista, ben rappresentato dal personaggio “Cetto La Qualunque” di Antonio Albanese che la sera avrebbe calcato le tavole del teatro Rossini. Con l’abilità che lo contraddistingue di unire sintesi e profondità Curi esordisce recuperando il significato etimologico della parola “Politica” e scopriamo che politica e guerra hanno la stessa radice, in greco Polis e Polemos. Politica e guerra hanno in comune un contesto di conflittualità. Tentano entrambe di risolvere dei conflitti, la guerra lo fa in modo violento, la politica in modo pacifico, quindi nella politica non prevale la forza, non prevale il più forte, ma prevale la ragione. La politica ha una funzione di pace e di civiltà. Cita Platone il professor Curi dicendo:”La politica è l’arte più importante”. Con questo presupposto affronta l’antipolitica distinguendola tra buona e cattiva. La buona è quella che critica in modo costruttivo in nome dell’accezione nobile del termine politica. La cattiva è propria dei poteri forti che non hanno bisogno della mediazione che la politica offre, e ha come obiettivo il disfacimento delle istituzioni pubbliche e la loro delegittimazione. Conseguenza ultima il più forte torna a vincere.
Dall’impostazione filosofica del professor Curi si passa a quella più storica e politica di Miguel Gotor, che il 20 dicembre è stato invitato dal Partito Democratico di Civitanova ad analizzare l’attuale momento della storia italiana. All’interno di un contributo di ampio respiro, che ha spaziato dalla prospettiva del governo Monti a quella del partito democratico, anche Gotor ha affrontato la questione scottante dell’antipolitica, sostenendo che la fine del governo Berlusconi non significa automaticamente la fine del berlusconismo come forma politica e culturale e, se il tratto che ha contraddistinto il berlusconismo è la svalutazione della politica, l’antipolitica ne è ancora la sua attuale prosecuzione. Dentro questo disegno c’è un attacco alla rappresentanza e quindi alla democrazia. Un attacco indistinto e generalizzato che porta all’anatema “chi fa politica la fa soltanto per difendere i propri interessi”.
Non è storia nuova, lo stesso Curi ci ha ricordato che Platone nel IV secolo a.C. si chiedeva il perché della decadenza della politica e per arrivare a tempi più recenti Enrico Berlinguer chiedeva alla politica la capacità di colpire intollerabili privilegi e denunciava il mercimonio dello Stato.
Come si riverbera tutto ciò a livello cittadino?
Il nostro Sindaco si vergogna a dire che è un politico e preferisce dire che è un chirurgo. Il primo candidato ufficiale alle prossime elezioni come primo gesto pubblico restituisce la tessera del suo partito, quasi a misconoscere tutti gli intenti che fino al giorno prima aveva condiviso e sostenuto. Come se la tessera di un partito fosse un marchio d’infamia. Stupisce, ma si può comprendere, il dubbio malizioso di un giovane per la presenza di un politico a una manifestazione pubblica, anche se ciò è segno di quanto l’antipolitica si sia iniettata nel nostro DNA, soprattutto nelle nuove generazioni, limitando di fatto, al politico in genere, la libertà personale di scegliere, per timore che tutto possa essere strumentalizzato.
Stupisce, e non si può comprendere, che politici o militanti ne cavalchino l’onda, non riconoscendo (e non per ignoranza) un operato politico.
Stupisce, e ugualmente non si può comprendere, l’ironia e il discredito, superficiali e non argomentati, indirizzati a iniziative che offrono spunti particolari sulla città. La rinuncia forse provocatoria a un compenso, tra l’altro minimo, viene facilmente interpretata come gesto eroico, facendo perdere di vista la distinzione fondamentale tra privilegio e giusto riconoscimento economico per un impegno politico. Si assiste alla nascita di sodalizi in nome di quella società civile dietro alla quale però si nascondono politici di lungo corso. Se a livello nazionale a volte ci si tira indietro per senso di impotenza, a livello locale si può essere più onesti, più coraggiosi, più coerenti. Chi è convinto di stare nel giusto deve perseguire risolutamente e con passione la sua causa per il bene comune assicurando, come forma di garanzia al proprio operato, la partecipazione dei cittadini. Tutti lo dicono, in pochi lo fanno. Buon Anno Citanò!