CIVITANOVA, AL PRONTO SOCCORSO IGNORATI PER ORE. LETTERA APERTA AL SINDACO

pronto-soccorsoAlla Redazione,
Vi invio questa “lettera aperta” al Sindaco, convinto che l’esperienza vissuta e qui riportata possa servire per meglio affrontare e risolvere alcuni problemi critici. Ciò non per spirito polemico ma perchè, a mio avviso, tutti dobbiamo fare la nostra parte per evitare che la società civile peggiori sempre più. Grazie e saluti.

Signor Sindaco,
la sera di giovedì santo 21 aprile, poco dopo le 18, percorrevo insieme a mia moglie il tratto di autostrada A14 nei pressi di Civitanova Marche, (diventato estremamente pericoloso, come buona parte del versante adriatico, a causa dei lavori per la realizzazione della terza corsia) mi recavo dal Piemonte, dove risiedo, al mio paese nativo in Abruzzo per le feste pasquali. Si procedeva piuttosto lentamente a causa del grande traffico quando improvvisamente siamo stati urtati posteriormente da un’auto tedesca con una violenza inaudita, che ci ha coinvolto insieme ad altre sei macchine in un tamponamento multiplo. Fin qui nulla di straordinario, purtroppo cose che accadono di questi tempi sempre più frequentemente. La nostra auto è completamente distrutta e noi siamo gli unici ad essere trasportati in ambulanza presso il Pronto Soccorso del vostro ospedale, ci siamo salvati grazie alle cinture e agli airbag, io ho il viso con escoriazioni e forte dolore al petto, come pure mia moglie. Qui al P.S. registrano i nostri dati, a me mettono un vistoso cerotto sul mento e mi consegnano un sacchetto di ghiaccio, ci assegnano ad entrambi un codice verde, ci dicono che dobbiamo attendere il nostro turno, abbiamo il numero 9. Aspettiamo in piedi in una saletta gremita, perchè non ci sono abbastanza sedie. Aumenta il dolore anche a mia moglie, ci vorrebbe un calmante ma nessuno si interessa a noi, non vogliamo disturbare o passare davanti ad altri, qualcuno ogni tanto passa in sala d’attesa ma le porte vengono prontamente richiuse, non si sa a chi rivolgersi per eventualmente chiedere qualcosa. Approfitto di un infermiere che fa capolino per un attimo dalla porta per elemosinare un po’ di ghiaccio anche per mia moglie e gentilmente me lo sporge. Solo un “grazie” – “prego”. Intanto sentiamo tra gli altri presenti continue lamentele, proteste per le lunghe attese: ci sono persone che sono lì dalle 16, altre che rinunciano e se ne vanno. Noi siamo visibilmente scossi, non stiamo bene, abbiamo il problema di recuperare almeno le cose indispensabili che abbiamo lasciato in macchina e che hanno trasportato da qualche parte. Una signora presente di Civitanova, Catia A., si “impietosisce” e, gentilissima, si offre di ospitarci a casa sua dopo gli accertamenti sanitari. Arrivano gli agenti di Polizia Stradale, devono raccogliere le nostre dichiarazioni, comunicarci dei dati e restituirci i documenti, ma non c’è in ospedale un tavolino per sederci, allora mi fanno uscire ed andare, dolorante e ghiaccio sul petto, presso la loro auto di servizio. Intanto sono arrivati i nostri parenti dall’Abruzzo ai quali avevamo comunicato dell’incidente, sono trascorse quasi quattro ore e noi siamo sempre in sala d’attesa. Decidiamo di bussare per informarci sui tempi di attesa. Ci dicono che sono passati solo tre codici verdi e che ne abbiamo ancora sei davanti. A questo punto ci rendiamo conto che la prospettiva è di pa ssare la notte in ospedale e alle 23 decidiamo di andare via. In Abruzzo ci rechiamo al Pronto Soccorso dell’ospedale di Guardiagrele all’indomani mattina, dove non c’è paragone con quello di Civitanova per efficienza e gentilezza, accertano gli esiti dell’incidente, mia moglie ha lo sterno rotto, io una forte contusione, ne avremo per un bel po’. Ma a parte l’esperienza, della quale sappiamo che poteva andare anche peggio e che mi pare utile raccontare, resta l’amarezza nel constatare a che punto è ridotto il servizio sanitario in certi ospedali quando un cittadino è costretto a ricorrervi.
Con i migliori saluti,
Bianco Carmine
Pinerolo (TO)

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