“L’ARROGANZA DEL POTERE”

foto-pier1dall’architetto Pier Paolo Rossi riceviamo e pubblichiamo:
“Il Potere inevitabilmente dà dei privilegi, poiché consente di fare ciò che altri non possono fare proprio perché il potere non ce l’hanno. Ma il potere politico, con tutti i privilegi che ne derivano, dovrebbe essere sotteso al bene collettivo e non esercitato per soddisfare interessi personali o del proprio gruppo di appartenenza, così come avviene nello scenario politico a cui assiste la massa dei comuni cittadini. L’arroganza del potere consente, infatti, l’esercizio di azioni dannose per altri ma strumentali ai fini egoistici collegati alla certa impunità del proprio agire. Ne consegue che nel momento in cui gli abusi di potere sono posti come fondamenti del gruppo sociale di cui si ha il “controllo”, chiunque, prendendone esempio, può calpestare impunemente la dignità dell’altro, con la consapevolezza che tale atteggiamento non solo rimarrà impunito ma addirittura tacitamente incentivato. L’arroganza è tradotta in Italia in un modo del tutto singolare: nelle persone, nelle circostanze, nelle istituzioni, c’è la spudorata consapevolezza di un’assoluta impunibilità, garantita dalle leggi, dalle consuetudini, dalle “maggioranze elettorali”. L’ abbondanza di arroganza è direttamente proporzionale alla mancanza di senso di colpa, di senso della vergogna. L’arroganza è in un certo modo il contrario della vergogna e della colpa: spesso nasce per neutralizzare il malessere che deriva dalla vergogna (o dalla colpa) e per nascere è necessario che il senso di vergogna sia stato neutralizzato e narcotizzato in qualche modo. L’arroganza è un atteggiamento che ci si può permettere se c’è un ambiente che permette di nutrire e coltivare l’arroganza. L’arroganza nasce dall’impunità e non ha niente a che fare con la spavalderia o l’orgoglio, spesso sinonimi di uno stato d’animo nobile, disinteressato, generoso. L’arroganza non ha niente di nobile, di disinteressato, di generoso: l’arroganza è spocchiosa, scostante, tracotante. Sono due stati d’animo che hanno in comune la supervalutazione del proprio Io, ma l’arroganza è caratterizzata dalla impudicizia interiore di chi si arroga inesistenti diritti per sopraffare quelli degli altri.
Questo tipo di arroganza è propria di chi governa il nostro Paese e soprattutto di chi governa Civitanova.
Probabilmente lo stesso tipo di arroganza che ho visto, lunedì sera in Sala Consiliare, nell’atteggiamento di molti componenti della Giunta Comunale e di molti Consiglieri di maggioranza.
Quel tipo di arroganza propria di chi ha, per quasi vent’anni, “nuotato” nel mare di privilegi del potere, in barba ai loro concittadini, spesso a scapito della loro dignità e senza un minimo di vergogna.
Una vergogna che dovrebbe coprire il modo in cui questa Amministrazione ha ridotto gli strumenti di pianificazione urbanistica a mero mezzo di scambio; una vergogna che dovrebbe giustificare le innumerevoli ed “interessate” varianti al Piano Regolatore dell’ Ing. Secchi, per esempio, per eliminare in centro storico sottopassi pedonali pubblici previsti in luogo di strutture sportive private; una vergogna che dovrebbe nascondere “mirate” scelte progettuali ed esecutive di interesse pubblico come per esempio quella di iniziare il maquillage delle vie del centro storico (chissà perché?) dalla “trafficatissima” via Della Rete piuttosto che dalla “desolatissima” (parallela a Corso Umberto I) via Della Nave.
La stessa vergogna con cui questi amministratori avrebbero dovuto affrontare e guardare in faccia le decine e decine di persone che, vedranno (speriamo mai!) passare a pochi metri dalle finestre delle loro case un “bel” viadotto largo 33 metri e alto 15.
Ed invece, lunedì sera, la Maggioranza ha approvato, con un gesto di immenso altruismo e generosità (anche di clemenza, perché no!) la nuova versione di un viadotto più “bello” (come è stato orgogliosamente definito, in un intervento, dal Consigliere F.Troiani); il tutto tra simpatici siparietti con “topi morti”, battutine, risatine e qualche ghigno arrogante.
Lo stesso ghigno arrogante del Marchese del Grillo (Alberto Sordi) che ad un gruppo di popolani, arrestati dopo essere stati coinvolti con lui in una rissa, spiega lapidario perché lui non subirà lo stesso trattamento: “Ah, mi dispiace, ma io sò io e voi non siete un cazzo!”.
Della serie “Il potere logora chi non ce l‘ha”.

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