BOLLEA E GLI IDEALI DI GIOVENTU’

bolleaQuando andavo a trovare Giovanni Bollea mi capitava di incrociare i genitori dei suoi piccoli pazienti. Non ci sono parole per descrivere quegli sguardi dolenti nell’attesa apprensiva che la magica porta della guarigione si aprisse. Padri e madri che spesso affrontavano lunghi viaggi per approdare all’ultima speranza, Bollea, l’uomo che parlava ai bambini. Poi, qualche giorno prima di Natale, il compleanno di Giovanni era la festa del ringraziamento. Tutti in fila davanti alla sua poltrona. Gli occhi riconoscenti di quelle mamme, e quei piccini ritornati a sorridere e a giocare erano il suo regalo.
Quanti ne ha guariti, impossibile dire. Bimbi diventati uomini e a loro volta padri, cresciuti con l’unica medicina che Bollea conosceva: l’ottimismo e l’amore per la vita. Se esistesse un Nobel per l’infanzia, questo signore, dolce con le paure dei piccoli e severo con le colpe dei grandi, non avrebbe avuto rivali.

Una volta mi disse: “Ho sempre cercato di rimanere fedele agli ideali della mia gioventù”. Aveva novant’anni ma avevo davanti lo sguardo limpido di un ragazzo ancora fiducioso di cambiare il mondo. Ideali: che splendida parola. Peccato che non la usi quasi più nessuno. Chi oserebbe pronunciarla in questi tempi di sano cinismo, senza farsi ridere dietro? Bollea poteva farlo. Quanti personaggi famosi, quanti uomini assurti alle più alte cariche dello Stato andavano a trovarlo, per imparare, e forse per riassaporare gli ideali di gioventù.

Affettuoso, cortese ma davanti al triste spettacolo dei nostri tempi sovente si arrabbiava. La voce diventava intransigente e mi ricordava un altro uomo verticale, Sandro Pertini. Mi sarebbe piaciuto scrivere un libro sulla sua vita. Principalmente per ascoltarlo. Avrei finalmente scoperto che cosa il Professore sussurrava ai bimbi dall’anima un po’ ammaccata che varcavano la magica porta della speranza.

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