ARTEDIMARCA: IL SUGGESTIVO APPORTO DI ANNA DONATI

L’arte ha un destino; vi sono delle ragioni che la determinano. Per capire le espressioni artistiche è essenziale risalire a quelle ragioni, individuarle e comprenderle.La domanda “che significa?”, così goffa in apparenza, è oggi più che mai pertinente; più che in riferimento a ciò che affiora in superficie dell’opera, essa va posta sulle motivazioni profonde che la determinano, non sempre prossime, a volte remote e ben riposte nel subconscio dell’artista.
Il caso di Anna Donati, è emblematico in tal senso. Il suo incamminarsi nell’arte ha avuto un “destino” singolare, che da uno sperimentalismo pratico, collegato all’uso delle tecniche ed una una finalizzazione “applicata”, man mano l’ha orientata verso necessità espressive e di poetica insorgenti, e queste, precisandosi, l’hanno spinta verso scelte linguistiche adeguate e conseguenti. L’opzione aniconica, ad esempio, la si deve a un’esigenza pragmatica più che preconcettualmente ideologica o poetica. Ne è derivato un atteggiamento,uno stile che poi è quello che tuttora ne identifica la ricerca: vocata a un continuo sperimentalismo, insofferente ad identificarsi in modo stabile con situazioni e cliché prestabiliti. Le stagioni della sua ricerca sono anche le stagioni del suo animo, hanno la stessa variabilità, capaci di volta in volta, di determinare nel particolare inusitate scelte formali.
Un aspetto di fondo che emerge nell’espressione di ISKRA (questo è il suo nome di battaglia) è dato dalla continua riflessione sulla condizione in cui si dibatte la donna ancor’oggi, socialmente e in un ambito più propriamente individuale. Ne deriva una sfida di coraggio a livello testimoniale generale e contro le proprie ansie e instabilità, contro ciò che appare più arduo e persino non congeniale. Le opere ne rappresentano le difficoltà, i raggiungimenti e più spesso le vittorie. Un’espressione sincera, quella della Donati, aderente sempre ai moti del suo animo, in rapporto alle aspirazioni più profonde.
Su un piano formale va riconosciuto che quella che ne disciplina le opere è una logica di partizione,una sorta di gioco delle parti che si crea, in forma dialettica o di semplice rafforzamento e convalida; un’animazione all’interno dell’opera stessa in termini di espressività e dinamismo concettuale, oltre che visivo il poetico (Lucio Del Gobbo).
Nell’immagine un ritaglio dell’opera 335 (cm 120 x 60) tecnica mista su legno 2014.

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