IL 22 GIUGNO E’ MORTO PRIMO BOARELLI, LETTERA AL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI MACERATA

letteraIl 22 giugno è morto Primo Boarelli, partigiano. Aveva dedicato la sua esistenza all’impegno politico, sindacale, antifascista. Negli ultimi anni ha ricoperto la carica di Presidente provinciale dell’Ampi, dedicando la sua attività al contatto con i giovani. Non è stato possibile l’uso della sala del Consiglio Provinciale per la commemorazione civile per il diniego da parte del Presidente Pettinari. Pubblichiamo la lettera che Mauro, figlio di Primo, gli ha scritto.

Presidente Pettinari,
sono il figlio di Primo Boarelli. Venerdì scorso lei ha negato l’uso della sala consiliare della Provincia per la commemorazione civile in morte di mio padre. Mi dicono che è stato colto da non meglio specificate “perplessità” legate – sembra – alla preoccupazione di “creare un precedente”, espressione ricorrente nel vocabolario dei politici che non vogliono assumere la responsabilità delle proprie decisioni.
In questo caso lei non ha reso un buon servizio alla carica che ricopre. L’istituzione che presiede è un’espressione della collettività, e la collettività deve essere rappresentata avendo cura dei suoi valori fondanti, della sua storia e della sua memoria. Mio padre è stato un partigiano, quindi un protagonista della lunga lotta che ha portato la libertà e la democrazia nel nostro paese e che ha permesso la scrittura della Costituzione e la nascita delle autonomie locali. Ed ha rappresentato anche un legame forte tra la cultura della Resistenza e le istituzioni: è stato infatti membro del primo Consiglio provinciale di Macerata eletto dopo la Liberazione. Era l’ultimo partigiano vivente nella nostra città (come vede la sua preoccupazione di “creare precedenti” fa quasi sorridere, nonostante la tristezza del momento). Ricordare l’intreccio tra questa biografia personale e l’istituzione da lei oggi presieduta sarebbe stato un suo dovere. Ha pensato di cavarsela con un comunicato stampa e un telegramma.
Se la retorica misura lo scarto tra le parole e i comportamenti, il suo comunicato è retorica pura. La questione centrale sta nel fatto che lei ha negato alla collettività da lei rappresentata di riunirsi pubblicamente in una sede istituzionale per ricordare un pezzo della propria storia e riconoscersi in essa.
Ho visto che non ha trovato il tempo per partecipare alla cerimonia civile che si è svolta nella sede dell’Anpi. Penso che abbia perso un’occasione per imparare qualcosa. La sala era piena, l’emozione
palpabile e collettiva, gli interventi del tutto privi di retorica, concreta la consapevolezza di ciò che abbiamo perso, ma anche di ciò che conserviamo per il futuro.

La storia, la memoria, il dialogo tra generazioni erano elementi vivi e pulsanti, calati nell’esperienza e nel riconoscimento dell’incontro. Ma in realtà credo che non avrebbe imparato nulla. Lei, evidentemente, appartiene a quella categoria di politici che non ha mai nulla da imparare da nessuno, perché imparare presuppone curiosità, disponibilità, ascolto. Lei rappresenta la politica che oggi, purtroppo, predomina e delegittima se stessa, una politica chiusa nella propria totale e disperante autoreferenzialità, una politica che ha scambiato i mezzi con i fini, che vive nella ristretta visione del presente senza alcun rapporto fecondo con ieri e con domani, che si realizza con i repentini, disinvolti e sempre reversibili passaggi da una maggioranza politica all’altra.
Se ora potessi raccontare questo episodio a mio padre, e se lui potesse rispondermi, sono certo che si limiterebbe a un’alzata di spalle, come a ricordare senza bisogno di parole che lui, nella sua lunga vita politica, gente come lei l’ha sempre combattuta, e che il confine tra chi ha ragione e chi ha torto è netto e ben visibile a chi si sforzi di cercarlo.

Mauro Boarelli

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