“SUBIAMO LA VENDETTA DI TREMONTI”. GABANELLI: “ECCO PERCHÉ REPORT È ANCORA FERMO”

report-contratto-milena-gabanelliDi Carlo Tecce

Nuova collezione orrori in Rai: chiuso A n n o ze ro incatenato a vincoli editoriali, burocratiche scalette e amenità varie, adesso il masochismo di viale Mazzini s’abbatte su Repor t. Lì dove c’è un programma che funziona e piace al pubblico, l’azienda cerca scuse per spazzarlo via. Per  Milena  Gabanelli  hanno  rispolverato  un  vecchio  problema: la copertura legale, la famigerata manleva che, secondo le logiche di viale Mazzini, spetta di diritto  a  chi  fa un  editoriale  al giorno (Giuliano  Ferrara) e sarebbe un omaggio per chi fa inchieste urticanti  per il potere. L’ufficio legale ha quantificato in 12 milioni di euro la riserva legale per Report: “Un accantonamento che l’azienda si ritroverà, visto che in 14 anni abbiamo ricevuto – precisa la Gabanelli – solo una condanna di 30 mila euro (e abbiamo fatto ricorso) per una  presunta  violazione  della privacy,  ma  nessuna  sentenza definitiva  a  nostro sfavore”.  La cornice  di  un  quadro  incomprensibile: l’azienda è esposta al vento politico, lottizza, punisce,
perdona.

Chi vi impedisce di lavorare?
Di solito iniziamo a maggio per le puntate di autunno. Siamo a metà luglio, e quello che so lo leggo sui giornali, a me nessuno ha detto nulla direttamente.

Qualcuno trama contro Report?
Non sono complottista per natura, ma non posso non considerare il fatto che l’attuale direttore generale Lei abbia sempre espresso stima nei miei confronti e del programma, e quindi cosa la costringe a rallentare tutto? Deduco che l’azionista, ovvero Giulio  Tremonti, stia usando il suo potere per creare ostacoli. Naturalmente è solo una mia opinione.

Perché ce l’ha con voi?
Report ha un taglio molto economico, entra spesso nei temi legati alle decisioni di  Tremonti, il ministro che da quasi dieci anni firma la politica economica del Paese. In diverse occasioni lo abbiamo criticato e lui, più di altri, non ama essere contraddetto e sbugiardato.

Tremonti ha inviato due esposti all’Autorità di garanzia e per due volte l’Autorità vi ha imposto di parlare bene del Tesoro.
Non essendoci gli estremi per rivolgersi a un tribunale ordinario perché abbiamo raccontato fatti contestabili, ha preferito l’Agcom, dove le poltrone sono assegnate per appartenenza politica, e contestare un mancato pluralismo informativo. E così sta passando il principio secondo il quale un giornalista può fare il cane da guardia a condizione che scodinzoli anche un po’, pena la sanzione.

Nuova forma di censura?
Noi abbiamo subìto un precedente pericoloso per la libertà d’informazione. Non siamo stati redarguiti  per  aver detto  cose non vere, ma per aver documentato l’aspetto critico della manovra  di  correzione,  o  le  incongruenze della  social  card,  senza aver dato conto, a suo dire, degli  aspetti positivi.  Siamo staticostretti a mandare in onda un servizio “riequilibrativo “, intervistando  i  sostenitori  del  Tremonti-pensiero, perché lui ha rifiutato  un  confronto  con  noi. Questo mina un principio costituzionale: la libertà di critica, e spiana la strada a un malinteso concetto di pluralismo. Vien dapensare  che  anche  quando si parlerà di un omicida, per riequilibrare, occorrerà trovare qualcuno che dichiari che il colpevole ha avuto un’infanzia difficile.

Per la Rai il buon giornalista è un impiccio?
Molti di coloro che l’amministrano non sanno come si fa un’inchiesta, partono dal presupposto che la critica al politico sia di natura ideologica. Mi sono sempre  chiesta:  gli  amministratori del quinto gruppo editoriale europeo sono stati nominati per far funzionare l’azienda o per gestire l’interesse politico, oltre alle loro personali clientele? Che competenze hanno? Non ho mai visto un consigliere o un direttore generale visitare i luoghi dove si realizzano i prodotti che permettono alla Rai di esistere, per rendersi conto dello stato di  degrado delle redazioni  o  dell’arretratezza  tecnologica delle salette  di  montaggio. Credo  che non  si  pongano nemmeno il problema,  perché  a loro  è  chiesta  fedeltà politica, non conoscenza del mezzo. E nelle rare occasioni in cui questa  competenza invece ce l’hanno, non la applicano,  perché  sono  sempre impegnati a discutere d’altro.

Rischiate di saltare una stagione?
Non è escluso. Nessuno di noi è dipendente, e quindi non possiamo permetterci di anticipare spese di produzione senza le garanzie richieste. Ma siccome ci vogliono mesi per preparare le puntate di Report, più passa il tempo e più questo rischio incombe. Penso che lo sappiano, e se non lo sanno ne approfitto per dirlo.

Perché un’azienda pubblica rinuncia a Report e Annozero?
Chi dirige la Rai ha tutto il diritto di cambiare la programmazione e dismettere i suoi asset strategici, sostituendoli con altri. Se invece la stagione avanza tenendo gli  autori a  bagnomaria, senza vedere  alternative  in  cantiere, credo sia rischioso. Sia per l’immagine  del  servizio  pubblico che per i conti… che alla fine pagano i cittadini.

È possibile sperimentare, fare una televisione senza editore?
Ho sempre lavorato solo per la Rai, ma non c’è dubbio che oggi sia possibile lavorare alla costruzione  di una  multi-piattaforma che unisca la rete, il digitale e il satellite. Nelle novità cerco più la convinzione della seduzione. C’è bisogno di un apripista, di investitori illuminati, e un po’ di coraggio per unire le forze.

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